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Tempestività del licenziamento disciplinare: quale tutela?

22 Maggio 2024|

Con l’ordinanza n. 5485 del 1° marzo 2024 qui in commento la Corte di Cassazione ha nuovamente affrontato il tema dibattuto delle conseguenze del licenziamento disciplinare tardivo in quanto disposto oltre il termine stabilito dalla contrattazione collettiva per l’esercizio del potere disciplinare.

In particolare, la Corte di Cassazione si è occupata di un caso in cui la contrattazione collettiva non si limitava a prevedere un termine entro il quale il datore di lavoro doveva adottare il provvedimento disciplinare ma stabiliva espressamente che, decorso tale termine, le giustificazioni rese dal lavoratore si intendevano accolte.

La Corte di Cassazione ha attribuito natura sostanziale, e non appena procedurale, alla suddetta norma contrattuale stabilendo che la sua violazione non rende il licenziamento inefficace ma illegittimo per insussistenza del fatto contestato.

A dire della pronuncia segnalata, infatti, in forza della fictio prevista dalla disposizione contrattuale in questione, deve ritenersi che il datore di lavoro abbia accolto le giustificazioni del lavoratore e ciò comporta la totale mancanza di un elemento essenziale della giusta causa.

La conseguenza, dal punto di vista sanzionatorio, è la reintegrazione così detta “debole” prevista dall’art. 18, comma 4, l. 300/1970 (reintegrazione, indennità risarcitoria di importo non superiore a 12 mensilità e pagamento dei contributi dal licenziamento alla effettiva reintegrazione) anziché la tutela indennitaria così detta “debole” prevista dal comma 6 dello stesso articolo (indennità risarcitoria compresa tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto).

La pronuncia in commento aderisce ad un orientamento già espresso in passato dalla stessa Corte di Cassazione (cfr. Cass. 3 settembre 2018 n. 21569) ma non ancora acquisito o, come si usa dire in questi casi, non granitico.

Non mancano, infatti, decisioni di tenore opposto secondo cui, il mancato rispetto del termine previsto dalla contrattazione collettiva per comminare il licenziamento integrerebbe una mera violazione procedurale con conseguente applicazione della tutela indennitaria “debole” (cfr. Cass. 16 agosto 2016 n. 17113).

La Corte di Cassazione ha anche tracciato una sorta di “terza via” dando rilievo all’entità del ritardo con cui viene adottato il licenziamento.

Ed infatti, con la pronuncia n. 10802 del 21 aprile 2023, ponendosi nel solco dei principi espressi dalle sezioni unite con la sentenza n. 30985 del 24 ottobre 2010 circa la tempestività della contestazione, la Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto  «la violazione del termine per l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento disciplinare, stabilito dalla contrattazione collettiva (…), è idonea a integrare una violazione della procedura di cui all’art. 7 St. lav., tale da rendere operativa la tutela prevista dall’art. 18, comma 6, dello stesso Statuto, come modificato dalla legge n. 92 del 2012, purché il ritardo nella comunicazione del licenziamento non risulti, con accertamento in fatto riservato al giudice di merito, notevole e ingiustificato, tale da ledere in senso non solo formale ma anche sostanziale il principio di tempestività, per l’affidamento in tal modo creato nel lavoratore sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto e per la contrarietà del ritardo datoriale agli obblighi di correttezza e buona fede». Anche tale soluzione, tuttavia, non è parsa alla dottrina del tutto convincente (per una lettura critica si veda C. Musella, Licenziamento disciplinare e termine di decadenza previsto dal CCNL. Vizio procedimentale, formale o vizio radicale? in Labor, 17 giugno 2023, cui si rinvia anche per ulteriori riferimenti).

In attesa ed auspicando che la Corte di Cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica che le compete, faccia maggiore chiarezza sull’argomento non resta che porre la massima attenzione nell’esame e nell’interpretazione delle clausole della contrattazione collettiva che regolano i procedimenti disciplinari e tenere a portata di mano il calendario valutando attentamente quando avviare e, conseguentemente, quando concludere i suddetti procedimenti.

Luigi Caruso, avvocato in Milano

Visualizza il documento: Cass., ordinanza 1° marzo 2024, n. 5485

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