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Sull’incompatibilità logica e giuridica tra godimento delle ferie e periodo di preavviso

29 Aprile 2024|

I fatti di causa

La controversia di cui alla sentenza in commento (Trib. Roma, 6 marzo 2024, n. 2793) si riferisce a fattispecie di differenze retributive a diverso titolo richieste e ad una questione circa la compatibilità tra svolgimento del periodo di preavviso e godimento delle ferie, sulla quale è elaborata la presente nota di commento.

La lavoratrice in data 8.6.2021 ha comunicato all’amministratore delegato della società l’intenzione di dimettersi con decorrenza 1.9.2021; in data 9.6.2021, ha ricevuto una comunicazione aziendale di “collocamento in ferie forzate per il periodo 9 giugno 2021 – 31 agosto 2021”, corrispondente esattamente al periodo di preavviso.

Richiesti chiarimenti in merito, le è stato risposto che il tema delle dimissioni e del periodo di preavviso non sono “attinenti alla questione dello smaltimento delle ferie”, ella, quindi, ha rassegnato le dimissioni il 14.6.2021 con decorrenza dal 1.9.2021, nel rispetto del preavviso contrattuale. La società ha chiarito che il suo ultimo giorno di lavoro non sarebbe stato il “31 agosto” poiché data in cui sarebbe terminato il periodo di ferie forzate e da quel giorno sarebbe decorso il preavviso che, “durando 2 mesi e mezzo”, sarebbe terminato a metà novembre.

La lavoratrice, tuttavia, non avendo in alcun modo chiesto di fruire delle ferie, ha ribadito che, a fronte del preavviso prestato, il rapporto sarebbe cessato alla data del 31 agosto 2021 confermando la disponibilità a prestare attività lavorativa per l’intera sua durata; ciò nonostante, la società ha confermato il provvedimento di ferie forzate rifiutando la prestazione lavorativa nel periodo di preavviso.

Con l’ultimo prospetto paga, emesso a giugno 2022, la società ha trattenuto € 6.054,16 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, ottenendo così, a detta della ricorrente, l’effetto di aver fatto esaurire le ferie maturate per non pagare la relativa indennità sostitutiva, di lucrare addirittura un’indennità di mancato preavviso che le era stato regolarmente rassegnato.

La decisione del Tribunale e le motivazioni

Nella fattispecie, la ricorrente ha chiesto l’accertamento della illegittima trattenuta operata dal proprio datore di lavoro a titolo di indennità sostitutiva del preavviso per dimissioni.

Al preavviso è indubbiamente da attribuire, secondo il più recente orientamento (gradatamente, Cass., 17.1.2017, n. 985; Cass., ordinanza 26.10.2018, n. 27294; Cass., 6.5.2015, n. 9116), un’efficacia obbligatoria con la conseguenza che, nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente (con l’unico obbligo della parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti), a meno che la parte recedente, nell’esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l’efficacia sino al termine del periodo di preavviso; qualora quest’ultima opti per la continuazione del rapporto, durante il suo decorso proseguono gli effetti del contratto.

E, tra essi, il diritto del lavoratore di godere delle ferie e la maturazione del diritto al numero proporzionalmente correlato di giorni di ferie, sicché lo spostamento del termine finale del preavviso avviene ope legis: del tutto analogamente a quanto ritenuto dalla più risalente giurisprudenza attributiva al preavviso di una natura reale; né una tale soluzione muterebbe, in caso di rinuncia alla prosecuzione delle prestazioni durante il preavviso, nel qual caso non sarebbe consentito far coincidere le ferie con il preavviso non lavorato, cosicché, ovviamente, ma soltanto in tale ipotesi, il diritto alle ferie verrebbe a mutarsi in quello all’indennità sostitutiva.

Nel caso in esame, si evince dalle e-mail scambiate tra le parti, e, in particolare, dalla e-mail del 8.6.2021 inviata dalla ricorrente al legale rappresentante della società, ove si fa esplicita menzione delle dimissioni, segnatamente, che il collocamento in ferie dal 9.6.2021 al 31.8.2021 fosse conseguente alla preannunciata volontà della lavoratrice di dimettersi e che corrispondesse al periodo di preavviso contrattuale.

L’esatta coincidenza tra ferie e preavviso contrattuale non è specificamente contestata.

Anche logicamente, il collocamento in ferie forzate, nonostante l’equivocità del documento (l’e-mail del 9.6.2021 di comunicazione delle ferie recante data successiva ma nel quale si legge “La presente per comunicare il provvedimento di ferie forzate a partire da domani 09.06.2021 sino al 31.08.2021”), non avrebbe potuto esser precedente e svincolato dalla decisione della dipendente di risolvere il suo rapporto di lavoro.

È, perciò, illegittima la condotta datoriale consistita nell’aver posto la lavoratrice in ferie senza il suo consenso e nell’aver ribadito il provvedimento pur dopo che la stessa aveva manifestato la volontà di prestare l’attività di lavoro durante il periodo di preavviso (vd. l’e-mail del 16.6.2021 con la quale la dipendente confermava all’amministratore delegato la sua “disponibilità a rispettare il preavviso e a rientrare immediatamente in ufficio”. Oltremodo, secondo Cass. 985/2017, cit., a voler ben vedere, “sussiste giusta causa di recesso nel caso del lavoratore, che, avendo scelto di prestare la propria attività durante il periodo di preavviso, sia posto dal datore in ferie per il godimento di quelle non ancora fruite, con sovrapposizione di queste al periodo di preavviso”.

Il datore avrebbe dovuto, a quel punto, correttamente revocare il collocamento in ferie coatto al fine di evitare la sovrapposizione del periodo di ferie al periodo di preavviso in violazione del divieto di cui all’art. 2109, ult. co., c.c. (“Non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell’articolo 2118”) e invitare la dipendente a godere delle ferie con correlativo differimento del termine finale del preavviso.

Al contrario, essendo il rapporto cessato al termine del periodo di cui si tratta, il 31.8.2021 (risulta anche dai prospetti paga emessi successivamente), la società ha ottenuto il “doppio vantaggio economico”, per un verso, di “sterilizzare” l’indennità sostitutiva per le ferie non godute e, per altro verso però, di lucrare indebitamente l’indennità sostitutiva del preavviso non lavorato. Indennità quest’ultima non dovuta in quanto l’omessa prestazione di attività lavorativa durante il preavviso è imputabile alla volontà unilaterale e arbitraria del datore di lavoro che ha mantenuto la dipendente in ferie forzate.

In questi termini, la società è stata condannata alla restituzione dell’importo di euro 6.054,16 illegittimamente trattenuto a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.

Ferie e preavviso: divieti di sovrapposizione

In particolare, la Suprema Corte ha affermato che dal divieto di sovrapposizione del periodo di godimento delle ferie con il periodo di preavviso discende che il prestatore d’opera ha diritto, durante il preavviso, ad un ulteriore periodo di ferie e alla prosecuzione del rapporto di lavoro per un numero di giorni pari ai giorni di ferie maturati ma non ancora goduti (cfr., in precedenza, Cass., 16.7.1983, n. 4915).

Più in particolare, la ratio di tale divieto potrebbe individuarsi nelle diverse finalità cui sono preordinati, rispettivamente, l’istituto del preavviso e quello delle ferie. Ed infatti, nel caso in cui la parte recedente sia il datore di lavoro, l’istituto del preavviso consente al lavoratore di disporre di un ragionevole lasso temporale cui fare affidamento per reperire una nuova occupazione o per organizzare la propria esistenza nell’imminenza della cessazione del rapporto di lavoro (cfr. Cass. 24.1.2017, n. 1743; Cass. 21.9.2016, n. 18508; Cass. 21.1.2014, n. 1148; Cass. 7.2.1997, n. 1150). Nel caso in cui, invece, sia il lavoratore a rassegnare le proprie dimissioni, il preavviso consente al datore di lavoro di sostituire tempestivamente il dipendente recedente (cfr. Cass. 2.9.2014, n. 18522).

Al contrario, la finalità del diritto alle ferie è stata da sempre individuata nella necessità di garantire al lavoratore la «reintegrazione» delle «energie psicofisiche» disperse durante l’esecuzione della prestazione lavorativa (C. cost., 7.5.1963, n. 66), nonché nella necessità di soddisfare le sue esigenze ricreativo-culturali e di garantire la sua partecipazione alla vita familiare e sociale (C. cost., 30.12.1987, n. 616).

Pertanto, alla luce di tali principi, il diritto del lavoratore di usufruire del periodo di preavviso anche al fine di cercare una nuova occupazione rischierebbe di essere compromesso qualora quel periodo potesse coincidere con il godimento delle ferie (N. Scipioni, Ancora sul divieto di sovrapposizione del periodo di godimento delle ferie con il periodo di preavviso di recesso, in DRI, 2017, 2, 504, nota a Cass. 985/2017 cit.).

Peraltro, in coerenza con la ratio ora evidenziata, la giurisprudenza ha affermato che “il principio di non sovrapponibilità delle ferie al preavviso, sancito dall’art. 2109, ultimo comma, c.c., è posto esclusivamente a favore del lavoratore e a tutela dell’effettiva funzione di ristoro delle energie psicofisiche delle ferie; conseguentemente esso non consente al datore di lavoro, che abbia autorizzato un periodo di ferie dopo aver ricevuto le dimissioni del dipendente, di pretendere il prolungamento del periodo di preavviso” (Trib. Milano 28.12.2002, in D&L, 2003, 754; nello stesso senso, si veda Pret. Roma 12.7.1996, in RIDL, 1997, II, 344; in senso contrario, si veda, invece, Trib. Torino 19.3. 1991, in GP, 1991, 364, secondo cui l’art. 2109, quarto comma, c.c. “mira a garantire l’effettività della tutela apprestata dall’art. 2118 c.c. sia al lavoratore che al datore di lavoro”).

Pasquale Dui, avvocato in Milano

Visualizza il documento: Trib.Roma, 6 marzo 2024, n. 2793

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