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Per la Cassazione le certificazioni mediche fittizie, presentate nel contesto di servizi pubblici essenziali, costituiscono sciopero laddove siano espressione di uno stato di agitazione sindacale “occulto”

4 Luglio 2024|

Le sentenze in esame della Corte di Cassazione (14 maggio 2024, nn. 13181, 13206 e 13220), concernendo una vicenda sostanziale comune, meritano un commento unitario.

Nel caso di specie, durante la notte tra il 31 dicembre 2014 e il 1° gennaio 2015, un numero rilevantissimo di agenti della Polizia Municipale del Comune di Roma si assentò contestualmente, taluni per malattia, altri in quanto donatori di sangue, altri ancora per riposi previsti dal contratto collettivo.

A quanto consta, solo 31 assenze erano irregolari.

I numeri di questo assenteismo, massiccio ed anomalo, erano molto più alti di quelli dell’anno prima e di quelli degli anni precedenti.

Il Comune di Roma Capitale aveva richiesto la disponibilità alla prestazione di lavoro straordinario su base volontaria per i giorni del 31 dicembre 2014 e del 1° gennaio 2015, come era accaduto anche in passato; poi, considerate le contestazioni e le resistenze incontrate, dovette virare sulle assegnazioni con turno ordinario, arrivate troppo tardi e rivelatesi inefficaci e non risolutive del problema (la vicenda è compiutamente ricostruita da V. A. Poso, Il «Capodanno in famiglia» del 2014 dei vigili urbani capitolini fu a tutti gli effetti uno sciopero illegittimo? La Corte di Appello di Roma, con tre sentenze recenti, riformando severamente il Tribunale, mette a nudo un caso eclatante di populismo sindacale. Ma due altre sentenze precedenti affermano il contrario, escludendo ogni responsabilità del sindacato, in Labor, 25 febbraio 2022).

La Suprema Corte muove dal presupposto che si verta nella materia dei servizi pubblici essenziali: tali devono essere considerati quelli garantiti dalla Polizia Municipale, afferenti alla sicurezza e alla circolazione dei cittadini. Pertanto, il regime dello sciopero deve essere inquadrato, a livello sistematico, nel contesto della l. 12 giugno 1990, n. 146.

Orbene, come già statuito da Cass., 5 ottobre 1998, n. 9876, «al fine di garantire il contemperamento dell’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della personalità di fondamentale e primaria rilevanza costituzionalmente tutelati – quali sono il diritto alla libertà di circolazione assicurato dai trasporti pubblici (specialmente per le fasce sociali più deboli), nonché gli altri diritti indicati dal legislatore nell’art. 1, comma 1, della l. n. 146 del 1990 (di attuazione della riserva di legge di cui all’art. 40 cost.) – e per assicurare l’effettività dei diritti medesimi nel loro contenuto precipuo, la l. n. 146 citata pone l’obbligo di effettuare o consentire l’erogazione delle “prestazioni indispensabili”, cioè l’esecuzione dei servizi pubblici essenziali. Tale obbligo incombe su tutti i soggetti, individuali o collettivi, che attuano o semplicemente promuovono lo sciopero».

Ebbene, l’obbligo di “procedimentalizzazione” dello sciopero, particolarmente rilevante in settori così delicati, non è stato rispettato.

Nel caso di specie, infatti, si è configurato uno sciopero “occulto”.

Seguendo un percorso logico comune alle tre pronunce, la Cassazione afferma che le certificazioni mediche fittizie, presentate nel contesto di servizi pubblici essenziali, costituiscono sciopero laddove espressione di uno stato di agitazione sindacale “sotto traccia”.

A tale conclusione la Suprema Corte perviene facendo buon governo dei principi che dominano la prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c.: la sussistenza di una finalità sindacale occulta si desume da plurimi indizi convergenti, quali il rilevante numero di certificati medici presentati, il comportamento convergente di numerosi lavoratori, le esternazioni sindacali effettuate nell’imminenza temporale dell’episodio.

A nulla vale, nel ragionamento della Suprema Corte, richiamare quella giurisprudenza che statuisce un diritto soggettivo del lavoratore a non prestare lavoro nelle festività infrasettimanali (qual è il Capodanno), principio non utilmente richiamabile in tema di servizi pubblici essenziali che, in quanto tali, devono essere resi in modo continuativo.

Viene, pertanto, confermata la posizione espressa dalla sentenza della Corte d’Appello di Roma, 7 gennaio 2022, n. 4686, ove si legge: «Nella notte del 31 dicembre 2014 ci si trovò di fronte ad un’astensione collettiva dal lavoro per motivi sindacali, organizzata e promossa (anche) dall’appellata – e quindi di fronte ad uno vero e proprio sciopero, seppur non formalmente proclamato (ed anzi, occultato allo stesso datore di lavoro) – sicché ben sussisteva il potere di intervento e di sanzione della Commissione appellante» (sul punto, v. sempre V. A. Poso, Il «Capodanno in famiglia» cit.).

Da qui la legittimità della Deliberazione n. 15/61 del 2 marzo 2015, adottata dalla Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali, con cui era stato valutato negativamente il comportamento delle cinque organizzazioni sindacali della polizia municipale coinvolte e, in applicazione dell’art. 4, comma 2, l. 12 giugno 1990, n. 146, era stata disposta la sospensione, da parte del Comune, del pagamento dei contributi sindacali e/o dei permessi sindacali.

Antonino Ripepi, procuratore dello Stato in Reggio Calabria

Visualizza i documenti: Cass., 14 maggio 2024, n. 13181; Cass., 14 maggio 2024, n. 13206; Cass., 14 maggio 2024, n. 13220

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