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Le violazioni procedurali reiterate in un ristretto arco temporale integrano una giusta causa di licenziamento poiché proiettano – pro-futuro – il “modus operandi” del lavoratore

27 Maggio 2024|

Con la sentenza n. 5677 del 4 marzo 2024 la Corte di Cassazione analizza il licenziamento di un addetto allo sportello autore di plurime violazioni procedurali e afferma che questa condotta integra una giusta causa di licenziamento, proiettando nel futuro il modus operandi del lavoratore e facendo discendere un giudizio prognostico negativo sul suo grado di affidabilità.

La fattispecie

Un dipendente di Poste Italiane veniva licenziato per giusta causa per avere compiuto quattro operazioni sospette, concernenti la negoziazione di assegni provenienti da compagnie assicurative per risarcimento danni da infortunistica stradale. Le operazioni erano connotate da una serie di gravi irregolarità schematiche e reiterate, consistenti anche nella mancata attivazione del c.d. gestore code (algoritmo che gestisce i flussi dei clienti) disatteso soltanto a favore di alcuni clienti chiamati direttamente allo sportello.

Inoltre, al lavoratore veniva addebitato di aver aperto un libretto di risparmio per riscuotere un assegno munito di sbarramento generale (che richiede particolari verifiche per essere incassato, mai attuate dal lavoratore).

Il giudice del merito confermava l’esistenza di una giusta causa di licenziamento, che poggiava sulla “reiterazione di violazioni procedurali in un ristretto arco temporale”, tali da connotare di particolare gravità, sul piano soggettivo, la condotta inadempiente, che risultava sintomatica – in via presuntiva –“di un complessivo modus operandi del lavoratore”.

Da questo discendeva anche il “potenziale pregiudizio e il discredito per la società”, tale da integrare le fattispecie di cui alle lettere c) e k) del CCNL applicato, che ricomprendevano “le violazioni dolose di leggi o regolamenti o dei doveri di ufficio che possano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio alla Società o a terzi”, nonché “fatti o atti dolosi, anche nei confronti di terzi, compiuti in connessione con il rapporto di lavoro, di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro”.

Il lavoratore ricorreva in Cassazione articolando due motivi di ricorso, e deducendo, sotto il profilo del vizio di motivazione di legge, che “il profilo comportamentale schematico e sostanzialmente ripetitivo” volto ad eludere le procedure, non era comunque foriero di alcun pregiudizio per la società, sia sul piano astratto, sia sul piano concreto.

Le motivazioni

La Corte rigetta il ricorso e conferma la legittimità del licenziamento.

Tra i vari aspetti, ribadisce, secondo un orientamento consolidato, l’irrilevanza del pregiudizio concreto ai fini della configurazione di una giusta causa di licenziamento, potendo il danno essere anche soltanto “potenziale” (anche secondo quanto previsto dallo stesso CCNL) ed “eventuale”, oltre che non necessariamente patrimoniale (sul punto si veda anche Cass. 28 febbraio 2020, n. 5542 e Cass. 5 aprile 2017, n. 8816 che ha confermato la legittimità del licenziamento intimato al lavoratore che aveva sottratto gasolio di valore pari a circa 25 euro e non vi erano stati precedenti disciplinari; nel merito si v. Corte App. Genova 15 ottobre 2021, n. 240 che in tema di licenziamento per giusta causa si allinea al principio per cui la modesta entità del fatto addebitato non va riferita alla tenuità del danno patrimoniale subito dal datore di lavoro, dovendosi valutare piuttosto la condotta sotto il profilo del valore sintomatico dello scarso grado di affidamento del lavoratore – nel caso esaminato, il lavoratore era stato immortalato dalle telecamere di video-sorveglianza mentre rubava merce di modico valore all’interno di un deposito).

Dopo avere analizzato l’irrilevanza del danno patrimoniale ai fini della verifica dei requisiti di cui all’art. 2119 c.c., la Corte si sofferma, nella valutazione della lesione del vincolo fiduciario, sulla natura plurioffensiva della condotta, idonea a ledere diversi beni giuridici quali l’imparzialità e il buon andamento di un soggetto a partecipazione pubblica.

E così, secondo il ragionamento della Cassazione, anche la “trasformazione in società per azioni dell’ente pubblico postale, l’impegno di capitale pubblico nella società e lo stesso fine pubblico perseguito (tali da comportare l’assoggettamento della società a verifiche periodiche da parte dell’azionista Ministero dello Sviluppo Economico sul livello di efficienza nella fornitura del servizio)” oltre che il “rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento di cui agli artt. 3 e 97 Cost.”, si riflettono sui doveri gravanti sui lavoratori dipendenti, i quali devono assicurare affidabilità nei confronti del datore di lavoro e dell’utenza.

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione si allinea ad altre pronunce che hanno ritenuto meritevoli della massima sanzione espulsiva le violazioni procedurali integrate dagli operatori allo sportello che agevolavano pratiche illecite poste in essere da terzi.

In proposito, merita segnalare Cass. 8 luglio 2020, n. 14373 in un caso che riguardava la truffa  posta in essere da alcuni intermediari di compagnie assicurative che, ricevuti gli assegni per il risarcimento danni di sinistri automobilistici, essendo in possesso della fotocopia del documento di identità del danneggiato, si recavano presso l’ufficio postale aprendo un libretto di risparmio per versarvi l’assegno e successivamente prelevavano l’importo all’insaputa della vittima, alla quale veniva poi corrisposta solo una parte dell’importo liquidato dalla compagnia assicurativa; v. anche Cass. 28 ottobre 2021, n. 30461 che evidenzia che la fattispecie di cui all’art. 54, comma 6, lett. c) del CCNL – applicato anche nel caso di specie – richiede solamente il dolo generico e la mera potenzialità dannosa della condotta contestata, e che il dolo coincide con la semplice rappresentazione e volizione del fatto costituente l’addebito disciplinare, senza necessità che lo stesso si estenda anche al dolo specifico e alla precisa volontà di coadiuvare la condotta dell’autore dell’illecito (v. anche Cass. 28 ottobre 2021, n. 30461).

Insomma, la violazione reiterata delle procedure, in un tempo ristretto, è idonea a compromettere quel particolare affidamento riposto in ordine alla corretta esecuzione del servizio di gestione dei rapporti finanziari (Cass. 28 ottobre 2021, n. 30461), integrando un esempio del modus operandi del lavoratore che si proietta nel futuro.

Danilo Bellini, avvocato in Milano

Visualizza il documento: Cass., 4 marzo 2024, n. 5677

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