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La Cassazione applica principi ormai consolidati in tema di spoils system. Sempre più verso uno statuto (giurisprudenziale) unico della dirigenza statale, regionale e locale

25 Luglio 2024|

Viene in rilievo una interessante pronuncia in materia di spoils system, istituto che rinviene le proprie origini nell’ordinamento statunitense, contrassegnato dal rinnovo periodico dei vertici dell’Amministrazione attuato dalla nuova Presidenza all’atto del suo insediamento (per un interessante paragone, v. C. Silvestro, Confronto tra lo spoils system statunitense e lo spoils system all’italiana, in Instrumenta, n. 20/2003).

Si tratta dell’ordinanza della Corte di cassazione, 7 giugno 2024, n. 15971.

Questo istituto consiste, come noto, nella decadenza automatica di incarichi dirigenziali dovuta a cause estranee alle vicende del rapporto d’ufficio e sottratta a qualsiasi valutazione dei risultati conseguiti (N. Durante, Spoils system e dirigenza pubblica, in federalismi.it, n. 17/2011).

Nel ricostruire il quadro normativo di riferimento, occorre muovere dall’art. 19, comma 8, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che, in origine, statuiva l’applicazione di tale meccanismo ai soli incarichi di cui all’art. 19, comma 3, dello stesso d.lgs., anche se le successive riforme hanno determinato l’ampliamento della platea dei destinatari del medesimo.

Successivamente, l’art. 2, comma 159, d.l. 3 ottobre 2006, n. 262 («Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria»), convertito, con modificazioni, nella l. 24 novembre 2006, n. 286, con una disposizione destinata ad applicarsi in via permanente, ha modificato il testo della disposizione, estendendo l’applicazione del meccanismo di spoils system in esame agli incarichi dirigenziali di cui al comma 5 bis dell’art. 19, d.lgs. n. 165 del 2001, limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23, dello stesso d.lgs., e a quelli di cui al comma 6 del medesimo art. 19 (incarichi conferiti «a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione»).

In particolare, gli artt. 3, comma 1, lett. b), e 7, l. 15 luglio 2002, n. 145 prevedevano la cessazione automatica degli incarichi dirigenziali di livello generale al sessantesimo giorno dall’entrata in vigore della legge stessa.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 103 del 23 marzo 2007 (v. la nota di M. Clarich, Una rivincita della dirigenza contro lo strapotere politico, in Il sole 24 ore, 24 marzo 2007), ha dichiarato l’illegittimità della norma per violazione degli artt. 97 e 98 Cost. sul rilievo che la stessa, determinando un’interruzione automatica del rapporto di ufficio ancora in corso prima dello spirare del termine stabilito, violasse, in carenza di garanzie procedimentali, il principio di continuità e buon andamento dell’azione amministrativa.

In quell’occasione, la Corte ha sottolineato l’assenza, in tale previsione, di qualsivoglia momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti, contrastante con il diritto di difesa dell’interessato e con il modello della distinzione tra politica e Amministrazione, che tende comunque a salvaguardare, nella figura dei dirigenti, la continuità dell’azione amministrativa, alla quale è correlato anche il principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Solo per i dirigenti apicali (segretario generale, capo di dipartimento, ecc.) il rapporto fiduciario può legittimamente prevalere su queste esigenze, considerata la peculiare posizione dei medesimi. La dirigenza generale, invece, è sottratta a forme di spoils system non collegate a un qualche meccanismo di accertamento in concreto e in contraddittorio della responsabilità dirigenziale.

Contestualmente, con la coeva sentenza n. 104 del 23 marzo 2007, la Consulta ha stigmatizzato la legislazione regionale in tema di decadenza degli incarichi dei direttori delle ASL (di recente, sui rapporti tra spoils system e dirigenza delle ASL, D. Serra, Sulla nullità della clausola del contratto concluso fra il direttore sanitario e l’Azienda sanitaria che preveda lo scioglimento automatico del rapporto in ipotesi di nomina di nuovo direttore generale, in Labor, www.rivistalabor.it, 19 marzo 2024).

Infatti, la normativa regionale è costituzionalmente illegittima laddove prevede che il direttore generale debba cessare dal rapporto (d’ufficio e di lavoro) per una causa estranea alle vicende del rapporto stesso e non sulla base di valutazioni concernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute e di funzionamento dei servizi o – ancora – per una delle altre cause che legittimerebbero la risoluzione per inadem­pimento del rapporto. La violazione dell’art. 97 Cost. è risultata, pertanto, evidente, sotto il duplice profilo dell’imparzialità e del buon andamento dell’Amministrazione (analogamente, per questioni giuridiche simili, più di recente, si rinvia a R. Galardi, Retromarcia della Cassazione sulla cessazione automatica degli incarichi nel pubblico impiego privatizzato: rimessa la questione alla Corte costituzionale, in Labor, www.rivistalabor.it, 21 luglio 2016).

Oggi, a distanza di quasi venti anni da quelle sentenze “gemelle”, la Corte costituzionale torna ad affermare principi simili.

Tale rinnovata affermazione, peraltro, deve essere necessariamente contestualizzata in un quadro in cui la Corte costituzionale e la Corte di Cassazione, soprattutto negli ultimi anni, stanno contribuendo a dettare una sorta di “statuto unitario della dirigenza”, trasversale all’ordinamento nazionale, regionale e locale .

Per tale osservazione, sia consentito il rinvio ad A. Ripepi, La dirigenza pubblica nell’elaborazione giurisprudenziale più recente, che è il testo della relazione tenuta nel seminario dal titolo “Riflessioni sul pubblico impiego. Inquadramento sistematico, tutele, prospettive di riforma”, che si è svolto a Lucca, nei giorni1° e 2 giugno 2024,nell’ambito delle “Conversazioni sul lavoro del Convento di San Cerbone”, di prossima pubblicazione in Questa Rivista.

D’altronde, già da tempo autorevole dottrina aveva constatato la tendenza della dirigenza pubblica a “riunificarsi secondo il «modello» della disciplina statale” (E. Apicella, Lineamenti del pubblico impiego privatizzato, Giuffré, 2012, 84).

La delineazione di uno statuto unitario appare quanto più opportuna laddove si consideri che la Corte di cassazione aveva già da tempo escluso una radicale divaricazione dello stato giuridico della dirigenza locale rispetto a quella statale, in quanto, secondo tale prospettazione, il legislatore si è limitato a demandare agli atti normativi degli enti locali il mero adeguamento ai loro ordinamenti ed alle loro peculiarità dei principi generali già operativi (Cass. civ., 15 febbraio 2010, n. 3451).

In tale ottica, il pensiero corre a Corte cost. n. 84/2022, che ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 3 L.R. Lombardia n. 7/2021, laddove disponeva la proroga di dodici mesi dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere al momento della sua entrata in vigore, stipulati per il conferimento degli incarichi dirigenziali presso la Giunta regionale.

Si pensi, ancora, a Cass., 22 febbraio 2017, n. 4621, secondo cui alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l’attitudine professionale all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo. Pertanto, anche in difetto della espressa previsione di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 165/2001, stabilita per le Amministrazioni statali, tale indirizzo ritiene non applicabile l’art. 2103 c.c. neanche alla dirigenza locale e regionale.

La sentenza oggi in commento, sia pure nel comune tentativo di individuare lo statuto unitario di cui si diceva, si occupa di un profilo diverso, e cioè – come esposto in apertura – la perimetrazione dell’ambito applicativo dello spoils system.

Nel caso di specie, la ricorrente aveva sottoscritto con la Regione Calabria un contratto avente ad oggetto l’incarico di dirigente di settore della durata di tre anni.

La neoeletta Giunta regionale aveva dichiarato decaduti tutti gli incarichi dirigenziali ai sensi dell’art. 50, comma 6, dello Statuto regionale.

Sia il Tribunale che la Corte d’appello avevano ritenuto legittimo tale agire in virtù dei principi ormai consolidati in giurisprudenza in argomento di spoils system.

La ricorrente, tuttavia, censura con ricorso per cassazione tali argomentazioni, evidenziando che il proprio incarico non sarebbe stato qualificabile in termini di funzione dirigenziale non generale, in quanto conferito a soggetto non appartenente al ruolo dei dirigenti regionali.

I provvedimenti che l’avrebbero riguardata le avrebbero conferito l’incarico di dirigente di settore e la legge Regione Calabria n. 7/1996 avrebbe qualificato come dirigente generale solo quello preposto al dipartimento e non al settore.

Sarebbe stato irrilevante, quindi, il fatto che il suo incarico fosse stato conferito dal Presidente della Giunta regionale.

Inoltre, ella non avrebbe mai preso parte alla determinazione dell’indirizzo politico della Regione Calabria.

Tali argomentazioni vengono recepite dalla Suprema Corte, evidenziando che, in materia di dirigenti nell’impiego pubblico regionale, il capo dipartimento della Regione Calabria, avendo la funzione di organizzare, coordinare e dirigere l’ufficio secondo le direttive generali degli organi di direzione politica che assiste, svolge un incarico rispetto al quale opera il sistema di spoils system, rientrando esso negli incarichi dirigenziali apicali che non attengono ad una semplice attività di gestione, ed essendo invece rapportabile alla direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali (Cass., 31 gennaio 2017, n. 2510).

Risuona chiara, sul punto, l’eco dell’impostazione di Corte cost., 28 ottobre 2010, n. 304, in merito alla particolare disciplina del personale addetto o incaricato negli uffici di diretta collaborazione del Ministro.

A fronte della questione di legittimità costituzionale, sollevata su tale norma in riferimento agli artt. 97 e 98 Cost., il Giudice delle Leggi ne aveva ritenuto l’infondatezza, osservando che «gli uffici di diretta collaborazione con il Ministro (cosiddetti uffici di staff), nella configurazione che di essi ha dato la normativa vigente, svolgono un’attività di supporto strettamente correlata all’esercizio delle predette funzioni di indirizzo politico-amministrativo. Detti uffici, infatti, sono collocati in un ambito organizzativo riservato all’attività politica con compiti di supporto delle stesse funzioni di governo e di raccordo tra queste e quelle amministrative di competenza dei dirigenti. Pertanto deve ritenersi che, così come la nomina del personale, compreso quello dirigenziale, può avvenire, in base alla normativa vigente, intuitu personae, senza predeterminazione di alcun rigido criterio che debba essere osservato nell’adozione dell’atto di assegnazione all’ufficio, allo stesso modo, – e simmetricamente – è possibile in qualunque momento interrompere il rapporto in corso, qualora sia venuta meno la fiducia che deve caratterizzare in maniera costante lo svolgimento del rapporto stesso».

Ancora, impostazione simile si registra, questa volta in relazione al mondo degli enti locali, in Corte cost. n. 23/2019 (con nota di C. Napoli, La Corte costituzionale interviene sul rapporto tra vertice politico e vertice amministrativo dell’ente locale. Una nuova forma di “bicefalismo” per i segretari comunali e provinciali?, in Consultaonline, 2019).

In tale cardinale pronuncia, la Consulta afferma che il Segretario comunale è titolare di attribuzioni multiformi: neutrali, di controllo di legalità e di certificazione, da una parte, ma, dall’altra, di gestione quasi manageriale e di supporto propositivo all’azione degli organi comunali, capaci di orientare le scelte dell’ente nella fase preliminare alla definizione dell’indirizzo amministrativo.

Al segretario comunale, infatti, sono affidate dalla legge cruciali funzioni di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi comunali in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti (art. 97, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000) nonché funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta (art. 97, comma 4, lettera a, d.lgs. n. 267 del 2000). Se l’ente non ha responsabili dei servizi, il segretario deve redigere il parere di regolarità tecnica su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta e al consiglio dell’ente che non costituisca mero atto d’indirizzo (art. 49 d.lgs. n. 267 del 2000).

Ancora, non possono sottacersi le funzioni di stampo di carattere eminentemente gestionale. Innanzitutto, nei Comuni con popolazione inferiore ai centomila abitanti (art. 97, comma 4, lettera e, del d.lgs. n. 267 del 2000, che rinvia all’art. 108, comma 4, del medesimo d.lgs.), il segretario può essere nominato (anche) direttore generale. In tal caso, è chiamato a svolgere funzioni di attuazione degli indirizzi e degli obbiettivi stabiliti dagli organi di governo dell’ente, dovendone predisporre il piano dettagliato, e a lui rispondono, nell’esercizio delle loro attività, i dirigenti dell’ente. Ma anche laddove un direttore generale non vi sia, o comunque il segretario comunale non sia nominato tale, il d.lgs. n. 267/2000 richiede a quest’ultimo di sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti, coordinandone l’attività (art. 97, comma 4, d.lgs. n. 267/2000).

Queste ragioni impediscono di applicare al segretario comunale quella giurisprudenza che ha più volte dichiarato costituzionalmente illegittime disposizioni di leggi statali o regionali che prevedevano meccanismi di spoils system, cioè di decadenza automatica da un incarico amministrativo non apicale né fiduciario, al solo mutare dell’organo politico di riferimento.

In questo caso, quindi, la legittimità dello spoils system si giustifica in ragione del rapporto strettamente fiduciario che deve sussistere tra l’organo di governo ed il personale di cui esso si avvale per svolgere l’attività di indirizzo politico-amministrativo.

Ebbene, nel caso di specie, tali requisiti non potevano dirsi sussistenti.

L’art. 22, comma 2, della legge Regione Calabria n. 7/1996 dispone, infatti, che «I Dirigenti preposti ai Dipartimenti svolgono le funzioni di Dirigente Generale ed assumono tale denominazione».

Da quanto sopra si ricava che i dirigenti apicali ai quali si applica la normativa sullo spoils system nella Regione Calabria sono i dirigenti preposti ai dipartimenti, non i dirigenti di settore.

La circostanza che il contratto richiamasse l’art. 16, comma 1, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, il quale individua le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali statali, non è dirimente, in quanto il presupposto dell’applicazione dello spoils system è il carattere apicale del dirigente interessato

Sul punto, la Corte d’appello non ha considerato che, poiché la ricorrente era formalmente una dirigente di settore, essa era, sempre formalmente, sottoposta al competente dirigente di dipartimento.

Pure la nomina fiduciaria ad opera del Presidente della Giunta regionale ha un’importanza relativa, atteso che questi, in virtù della legislazione regionale, nominava sia i dirigenti di dipartimento che di settore.

Alla luce di tali premesse, la Corte di Cassazione annulla con rinvio e restituisce gli atti alla Corte d’appello affinché, in diversa composizione, decida la vicenda alla luce del seguente principio di diritto: «ai fini dell’applicazione della normativa sul c.d. spoils system, la natura apicale dell’incarico conferito con contratto a un dirigente va valutata tenendo conto, in linea di principio, della qualificazione formale di tale incarico contenuta nel contratto medesimo, senza che rilevi di per sé il semplice richiamo dell’art. 16, comma 1, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, il quale individua le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali statali, pur se in astratto incompatibile con la menzionata qualificazione. Per superare il dato formale, dal quale, comunque, occorre partire, è necessario verificare non tanto i poteri attribuiti al detto dirigente in concreto, ma se egli sia stato posto a capo di una struttura che, da un punto di vista organizzativo, abbia le stesse caratteristiche di un ufficio apicale, in modo da distinguersi e aggiungersi, per la sua totale autonomia, a quelli già esistenti».

In definitiva, e in ottica generale e di ampio respiro, sembra che si vada sempre più verso la delineazione di uno statuto “plurilivello” unico della dirigenza, anche con riferimento ai principi in tema di spoils system.

Indipendentemente che ci si muova sul piano nazionale o regionale, infatti, gli artt. 97 e 98 Cost. appaiono chiara espressione del principio di imparzialità, in cui si esprime la distinzione tra politica e Amministrazione, tra azione del governo e azione dell’Amministrazione, principi che impongono di limitare l’operatività del “sistema delle spoglie” ai soli incarichi di vertice in quanto strettamente fiduciari e di “cerniera” tra politica e amministrazione.

Antonino Ripepi, procuratore dello Stato in Reggio Calabria

Visualizza il documento: Cass., ordinanza 7 giugno 2024, n. 15971

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