Eterno dilemma tra giusta causa e giustificato motivo soggettivo nella esatta configurazione della fattispecie di licenziamento
7 Agosto 2024|L’esatta configurazione della causa di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro attenziona da tempo la giurisprudenza di legittimità chiamata a snodare, nei limiti delle proprie competenze, tortuose dispute sulla causa motivante del licenziamento tra giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
Preliminarmente e sinteticamente si definisce, per commentare il significato della pronuncia in esame, il contesto normativo di riferimento rappresentato dagli artt. 2118 c.c. sul recesso dal contratto a tempo indeterminato per cui «Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando preavviso nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità» e 2119 c.c. relativo al recesso per giusta causa «qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto» nonché dall’art. 3 legge 604/66 per il giustificato motivo soggettivo «determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa».
L’ordinanza annotata, Cass. n. 2005 del 18 gennaio 2024, consolida l’orientamento giurisprudenziale di legittimità, quando distingue giusta causa e giustificato motivo soggettivo riconducendo entrambi alla nozione di licenziamento «ontologicamente» disciplinare.
Nel caso di specie, la Corte d’appello territorialmente competente, in riforma della sentenza del giudice di prime cure, ha dichiarato «ingiustificato» il licenziamento intimato dalla società datrice al lavoratore dipendente e di conseguenza ha condannato la società datrice a corrispondere al lavoratore un’indennità risarcitoria onnicomprensiva commisurata a 18 mensilità dell’ultima retribuzione globale oltre accessori. Avverso tale sentenza ricorre in Cassazione la datrice con tre motivi.
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 legge n. 604/ 66 e 2118 c.c. , in relazione ai doveri di diligenza del prestatore di lavoro, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che «i reiterati inadempimenti degli obblighi contrattuali posti in essere dal lavoratore ovvero le violazioni del regolamento aziendale nella sua qualità di Store Manager non rappresentassero un giustificato motivo soggettivo di licenziamento».
Deduce altresì il ricorrente con il secondo motivo la «violazione e falsa applicazione dell’articolo 122 del CCNL Turismo P.E. Proporzionalità del recesso» laddove i giudici di appello in violazione della norma contrattuale, secondo cui il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da «un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali» del lavoratore ovvero «da ragioni inerenti all’attività produttiva all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento della stessa», valutano la proporzionalità del licenziamento irrogato riconducendolo erroneamente nel alveo del licenziamento disciplinare per giusta causa e non per giustificato motivo soggettivo, scelta quest’ultima altresì «proporzionata alla futura correttezza dell’adempimento del dipendente nella qualifica di riferimento aziendale sul singolo punto vendita».
Infine, col terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge 300/1970 comma 5 in relazione alla proporzionalità del recesso per avere la Corte di appello liquidato l’indennizzo pari a 18 mensilità dell’ultima retribuzione basandosi sulla valutazione parziale degli indici per la quantificazione dell’indennità risarcitoria, sull’anzianità di servizio del lavoratore e sulle dimensioni dell’impresa e non anche sulle gravi inadempienze del lavoratore.
Tutti i motivi dedotti dalla ricorrente, ritenuti infondati dalla Suprema Corte, in primis, la Corte di appello ha adeguatamente motivato le ragioni di carattere soggettivo e oggettivo a supporto della decisione impugnata prendendo in considerazione gli elementi concreti della fattispecie non idonei ad integrare gli estremi del giustificato motivo soggettivo di licenziamento: la posizione e la responsabilità del prestatore di lavoro, la non individuabilità del numero inadempimenti tollerati, l’esiguità dei danni eventualmente conseguiti, l’inadempienza lieve del lavoratore per l’uso promiscuo della cassa avvenuto con l’accortezza della annotazione dei nominativi degli operatori succeduti nell’uso, l’esito positivo delle numerose ispezioni e verifiche contabili e l’assenza di precedenti disciplinari del lavoratore.
L’accertamento delle concrete circostanze di fatto e del comportamento realmente posto in essere, che compete indubbiamente al giudice di merito, evidenziano che la Corte non ha «equivocato» tra giustificato motivo soggettivo e giusta causa atteso che tra giusta causa e giustificato motivo soggettivo la differenza è quantitativa e non ontologica e che anche nella fattispecie del giustificato motivo soggettivo come per la giusta causa può rilevare la sproporzione del licenziamento disciplinare.
Infine, per quanto statuito sulla determinazione dell’indennità risarcitoria ex art. 18 l. 300/70 la cui valutazione discrezionale, sottratta al sindacato di legittimità salva la violazione dei limiti di legge o il vizio di motivazione, che non sussistono nel caso di specie, è rimessa al giudice di merito che ha provveduto motivatamente con la stima sintetica senza dare conto dello specifico peso rivestito da ciascuno dei singoli elementi previsti dalla legge.
Conclusivamente la Suprema Corte riafferma, in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità, il corretto operato del giudice di merito quando esclude il giustificato motivo soggettivo previa valutazione di proporzionalità o adeguatezza della sanzione alla violazione commessa e alla gravità della condotta sulla base di elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, riservando l’irrogazione della massima sanzione disciplinare in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto.
Maria Aiello, primo tecnologo CNR, responsabile Istituto di Bioimmagini e Sistemi Biologici Complessi, sede di Catanzaro
Visualizza il documento: Cass., ordinanza 18 gennaio 2024, n. 2005
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