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Sull’anzianità di servizio dei docenti e l’interesse ad agire per accertare la ricostruzione della loro carriera
Con ordinanza n. 15840 del 6 giugno 2024, che qui si segnala, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha ribadito che l’anzianità di servizio non è uno status o un elemento costitutivo di uno status del lavoratore subordinato, né un distinto bene della vita oggetto di un autonomo diritto, rappresentando piuttosto la dimensione temporale del rapporto di lavoro di cui integra il presupposto di fatto di specifici diritti, quali quelli all’indennità di fine rapporto, alla retribuzione, al risarcimento del danno per omissione contributiva, agli scatti di anzianità.
I giudici di legittimità, già in passato (decisione n. 2232/2020) avevano osservato che “l’anzianità di servizio non è uno status o un elemento costitutivo di uno status del lavoratore subordinato, né un distinto bene della vita oggetto di un autonomo diritto, rappresentando piuttosto la dimensione temporale del rapporto di lavoro di cui integra il presupposto di fatto di specifici diritti, quali quelli all’indennità di fine rapporto, alla retribuzione, al risarcimento del danno per omissione contributiva, agli scatti di anzianità” onde essa “è insuscettibile di un’autonoma prescrizione – distinta, in quanto tale, da quella dei diritti, a contenuto patrimoniale, che su di essa si fondano(posto che “non esiste…. un diritto all’anzianità di ignoto contenuto autonomamente prescrivibile, ma esiste una anzianità, che costituisce presupposto di fatto per l’attribuzione di alcuni diritti, questi sì soggetti a prescrizione secondo il regime loro proprio”.
Con tale pronuncia la Cassazione ha ulteriormente ribadito che “l’anzianità di servizio, dunque, può essere oggetto di verifica giudiziale senza termine di tempo purché sussista nel ricorrente l’interesse ad agire che va valutato in ordine alla azionabilità dei singoli diritti di cui la prima costituisce il presupposto di fatto: da ciò deriva che l’effettiva anzianità di servizio può essere sempre accertata anche ai fini del riconoscimento del diritto ad una maggiore retribuzione per effetto del computo di un più alto numero di anni di anzianità salvo, in ordine al quantum della somma dovuta al lavoratore, il limite derivante dalla prescrizione quinquennale cui soggiace il diritto alla retribuzione”.
Sempre la Cassazione (8 marzo 2022, n. 7584) ha ritenuto che “la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CEE impone al datore di lavoro di riservare all’assunto a tempo determinato il medesimo trattamento previsto per l’assunto a tempo indeterminato e, pertanto, in caso di progressione stipendiale connessa sia all’anzianità di servizio che alla valutazione positiva dell’attività prestata, il datore di lavoro sarà tenuto, da un lato, ad includere nel calcolo, ai fini dell’anzianità, anche il servizio prestato sulla base di rapporti a tempo determinato e, dall’altro, ad attivare, alla maturazione del periodo così calcolato, la procedura valutativa nei termini, con le forme e con gli effetti previsti per gli assunti a tempo indeterminato” non potendosi ”escludere il diritto alla predetta progressione stipendiale se, alla maturazione dell’anzianità, il datore di lavoro, contrattualmente tenuto ad attivare la procedura valutativa, l’abbia omessa sull’erroneo presupposto della non computabilità dei periodi a tempo determinato”.
Veniamo al caso affrontata dalla Corte Suprema nella pronuncia n. 15840/2024.
Una insegnante di ruolo chiedeva al Giudice del Lavoro di Grosseto la ricostruzione della propria carriera ad ogni effetto di legge, anche con riferimento ai servizi precedenti all’immissione in ruolo.
Si costituiva in giudizio il Miur sollevando eccezione preliminare di decadenza e comunque di prescrizione dei diritti azionati.
Il Tribunale di Grosseto (sentenza 8 maggio 2028, n. 154) accoglieva la domanda, pur dichiarando, in parte, prescritto il credito e ritenendo che il relativo termine fosse decennale in quanto inerente ad un inadempimento di natura contrattuale. In particolare, aveva dichiarato la prescrizione del diritto a percepire le differenze di trattamento economico conseguenti alla ricostruzione della carriera.
La Corte d’Appello di Firenze, successivamente (sentenza 19 aprile 2019,n.228), in accoglimento dell’impugnazione del Miur, respingeva la domanda della docente, volta ad ottenere la condanna dell’amministrazione resistente ad effettuare l’esatta ricostruzione di carriera con valutazione dei servizi preruolo ai sensi degli artt.485 e 490 T.U. n. 297/1994.
Occorre osservare che la Cassazione (decisione n. 31149/2019) ha precisato che l’art. 485 T.U. 297/1994 (che disciplina il riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica) viola la clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 199/70/CE, e deve essere disapplicato, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall’art. 11 comma 14 della legge 124/1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato.
Secondo la Corte d’Appello fiorentina, il diritto alla ricostruzione di carriera (soggetto a prescrizione decennale decorrente dalla immissione e conferma in ruolo) è distinto dal diritto alle conseguenti differenze di retribuzione (soggette a prescrizione quinquennale decorrente da ogni singola maturazione) che discendono dalla progressione economica, qualora i servizi preruolo siano stati svolti in misura tale da maggiorare utilmente la anzianità di servizio decorrente dalla mera immissione in ruolo.
Per la Corte territoriale, il Tribunale avrebbe errato, da un lato, confondendo il diritto soggettivo alla ricostruzione della carriera ai fini della progressione economica (prescrizione decennale decorrente dalla immissione e conferma in ruolo) dal diritto soggettivo alle differenze di retribuzione conseguente automaticamente alla anzianità maturata anche per effetto dei servizi preruolo (prescrizione quinquennale decorrente da ogni singola maturazione), e dall’altro lato ritenendo la domanda di ricostruzione di carriera del gennaio 2017 atto interruttivo del diritto alle differenze di retribuzione per il decennio precedente, così finendo per concludere che le differenze di retribuzione spettassero per il periodo successivo al gennaio 2007 e fossero prescritte per il periodo precedente.
Secondo il Collegio fiorentino, invece, affermata la esistenza del diritto soggettivo alla ricostruzione di carriera ai fini delle progressioni economiche con riferimento ai servizi preruolo, esercitabile dalla docente immessa e confermata in ruolo (già presupposto della sentenza appellata ed in sé non contestato dal Miur), ne discende:
– la decorrenza del relativo termine di prescrizione dal 1° settembre 1999;
– l’esaurimento dello stesso termine decennale prima che la domanda di ricostruzione di carriera fosse proposta dall’interessata (con il ricorso giudiziale del gennaio 2017 o con la lettera dell’ottobre 2016).
Di conseguenza, nel caso in esame, per la Corte territoriale nemmeno si pone la questione relativa alla prescrizione del diritto alle differenze di retribuzione, dal momento che il presupposto diritto alla ricostruzione di carriera si era estinto per tardivo esercizio.
La docente, pertanto, proponeva ricorso per cassazione e Il Miur resisteva con controricorso.
La Cassazione ha ritenuto meritevole di accoglimento il ricorso per una ragione giuridica diversa da quelle fatte valere, ancorché a queste ricollegabile.
Per il Collegio di legittimità, il diritto ad una predeterminata progressione economica per effetto del riconoscimento dell’anzianità nel servizio preruolo è distinto da quello del diritto, a contenuto patrimoniale, che su di essa si fondano (posto che ”non esiste … un diritto all’anzianità di ignoto contenuto autonomamente prescrivibile, ma esiste una anzianità, che costituisce presupposto di fatto per l’attribuzione di alcuni diritti, questi sì soggetti a prescrizione secondo il regime loro proprio”).
Ne consegue, più specificamente, secondo gli Ermellini, che il diritto alla progressione economica (e così, nel caso qui in esame, alle differenze retributive per effetto della ricostruzione della carriera che, sia pur prescritto con riferimento ad un dato scatto di anzianità, non preclude il conseguimento degli scatti successivi che” debbono essere liquidati nella misura ad essi corrispondente e cioè come se quello precedente, maturato ma non più dovuto per effetto della prescrizione, fosse stato corrisposto” (cfr. le pronunce della Cassazione n. 9022/1991; n. 36/1993; n. 8430/1996; n. 4076/2004; n. 15893/2007; n. 16958/2009; n. 2232/2020; si veda anche, con specifico riguardo alla ricostruzione della carriera, Cass. n. 31149/2019).
Gli Ermellini, concludono, infine, evidenziando che l’anzianità di servizio, dunque, può essere oggetto di verifica giudiziale senza termine di tempo purché sussista nel ricorrente l’interesse ad agire che va valutato in ordine alla azionabilità dei singoli diritti di cui la prima costituisce il presupposto di fatto: da ciò deriva che l’effettiva anzianità di servizio può essere sempre accertata anche ai fini del riconoscimento del diritto ad una maggiore retribuzione per effetto del computo di un più alto numero di anni di anzianità salvo, in ordine al quantum della somma dovuta al lavoratore, il limite derivante dalla prescrizione quinquennale cui soggiace il diritto alla retribuzione (v. Cass. n.10219/2020; Cass., Sez. Un., n. 36197/2023).
Tra le pronunce di merito, di qualche anno fa, relative allo stesso argomento, merita di essere segnalata la sentenza della Corte d’Appello di Catania del 5 aprile 2019 (in Il Lavoro nella giurisprudenza , fasc.7/2019, pag. 744 e ss.) che affermò che l’anzianità di servizio, non costituisce uno status del lavoratore subordinato, né un distinto bene della vita oggetto di autonomo diritto, ma un fatto giuridico che rappresenta il presupposto di specifici diritti, quale quello alla progressione economica.
L’anzianità di servizio, dunque, quale fatto giuridico non si prescrive ma costituisce il presupposto di fatto per l’attribuzione del diritto a contenuto patrimoniale relativo al conseguimento della progressione stipendiale. L’eventuale prescrizione di alcuni compensi arretrati non preclude il conseguimento dei successivi aumenti stipendiali che debbono essere liquidati nella misura dovuta come se quello precedente, maturato ma estinto per prescrizione, fosse stato corrisposto: la sentenza, se per un verso riconosce la prescrizione delle differenze retributive ultra quinquennali non ritiene che possa sussistere una prescrizione dell’anzianità di servizio; in altre parole, ferma restando la prescrizione del credito retributivo, il riconoscimento dell’anzianità di servizio non può essere limitata dal decorrere della prescrizione.
Dionisio Serra, cultore di diritto del lavoro nell’Università degli Studi di “Aldo Moro”
Visualizza il documento: Cass., ordinanza 6 giugno 2024, n. 15840
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