Aggiornamenti, Contratto di lavoro
L’apprendistato professionalizzante nullo per plateale assenza di formazione e abuso del tipo
La vicenda sottoposta al giudizio
Con ricorso al Tribunale di Milano, il lavoratore interessato alla vicenda qui prospettata aveva dedotto:
1) di essere stato assunto in data 21.1.2019 alle dipendenze della società convenuta, del comparto della grande distribuzione, con un contratto a termine, inquadrato nel V livello del CCNL GDMO e mansioni di “ausiliario alla vendita” presso un esercizio commerciale di Milano, ciò sino al 19.1.2020;
2) di essere stato assunto, dalla medesima società, dal 20.1.2020, con contratto di apprendistato (professionalizzante), venendo adibito, senza soluzione di continuità, allo stesso punto vendita con mansioni e ruolo identici, inquadrato però nel VI livello del medesimo CCNL, con un obiettivo formativo di inquadramento finale nel IV livello;
2) che con effetto dal termine del periodo di apprendistato la società aveva ritenuto di recedere ad nutum dal rapporto, recesso che era stato tempestivamente impugnato.
Il Tribunale, senza alcuna istruttoria orale (v., sul punto, incidentalmente e in motivazione, App. Milano, 22/03/2019, n. 10826, con riferimento ai poteri inquisitori del giudice), accogliendo le domande del ricorrente, ha reputato nullo il contratto di apprendistato per difetto di causa; ha accertato il diritto del dipendente ad essere inquadrato al IV livello sin dal 19.1.2020, con correlate differenze retributive; ha dichiarato illegittimo il recesso aziendale e, in applicazione dell’art. 3, comma 1, d.lgs. n. 23/2015, ha liquidato al lavoratore un’indennità risarcitoria pari a 8 mensilità dell’ultima retribuzione utile al calcolo del TFR.
Avverso la sentenza ha proposto appello la società, lamentando:
1) l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui essa ha ritenuto la nullità del contratto di apprendistato e la sussistenza di un ordinario rapporto di lavoro tra le parti dal 20.1.20, omettendo di considerare che il pregresso rapporto a tempo determinato (svolto con inquadramento del dipendente al V livello) doveva reputarsi irrilevante, e trascurando di valutare l’attività formativa assicurata al dipendente dalla società;
2) in via subordinata, l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui essa ha ritenuto di riconoscere al ricorrente il diritto all’inquadramento nel IV livello del CCNL applicato sin dal 20.01.2020, con erronea applicazione dell’art. 99 del CCNL GDMO (che invece prevedeva il passaggio dal V al IV per il lavoratore che, per almeno 18 mesi, era risultato inquadrato nel livello inferiore; nel caso di specie, invece, il contratto a tempo determinato – durante il quale il lavoratore era stato inquadrato al V livello – aveva avuto una durata di soli 12 mesi);
3) l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui essa, reputato illegittimo il recesso aziendale, aveva liquidato l’indennità risarcitoria spettante al dipendente nella misura di 8 mensilità, mentre nel caso di specie sarebbe stato equo al più concedere una indennità parametrata al minimo di legge (6 mensilità).
Il lavoratore nelle proprie difese, oltre a sorreggere il percorso argomentativo della sentenza impugnata, ha anche reiterato, ex art. 346 c.p.c., le eccezioni già svolte in primo grado circa la radicale insufficienza dell’attività formativa prevista e svolta nell’ambito del contratto di apprendistato oggetto di causa.
La decisione della Corte d’Appello: il primo motivo
La Corte territoriale ha dichiarato infondato l’appello e lo ha respinto.
Quanto al primo motivo di appello, lo stesso va disatteso, a detta della Corte, risultando del tutto condivisibile la dichiarazione di nullità del contratto di apprendistato per difetto di causa, quale vizio genetico.
Sin dal proprio ricorso ex art. 414 c.p.c. il lavoratore ha dedotto che, durante il suo contratto di lavoro a tempo determinato, “egli era addetto:
– Ad accogliere il cliente e indirizzarlo durante il processo decisionale d’acquisto, quindi: proporre i prodotti, assisterlo nella scelta del prodotto e suggerire eventualmente le quantità necessarie al fine di soddisfare le necessità rammostrate;
– Alla sistemazione del prodotto nel banco del reparto pesce;
– Al controllo e gestione del banco del pesce, procedendo alla segnalazione del prodotto mancante, nonché al rifornimento dello stesso sia effettuando la reintegra del prodotto terminato che all’esposizione di quello nuovo;
– Alle varie operazioni di vendita vera e propria, comprese quelle di preparazione delle confezioni contenenti il prodotto scelto dal cliente, pesarlo, predisporre lo scontrino inserendo il prezzo del prodotto scelto in modo da avere il costo dell’acquisto effettuato (prezzatura); stampare lo scontrino e apporlo sul contenitore in maniera da permettere al cassiere la riscossione del relativo importo, ecc.
– La sera doveva poi provvedere a riporre i prodotti che non erano stati venduti nei rispettivi contenitori che poi riponeva nelle apposite celle frigo.
– Durante l’orario di lavoro era tenuto a controllare il funzionamento e la temperatura sia del banco dove operava che delle celle frigorifere segnalando eventuali anomalie.
– Nella giornata di sabato doveva, inoltre, procedere a togliere dal frigo il ghiaccio che si era accumulato durante la settimana.
– La domenica, alla fine del turno, era altresì tenuto a verificare il prodotto invenduto e la relativa data di scadenza in modo da non permettere la successiva messa in vendita il giorno successivo”.
Il lavoratore ha poi allegato di aver continuato a svolgere le medesime mansioni, nel medesimo punto vendita, anche durante il successivo contratto di apprendistato, intervenuto senza soluzione di continuità rispetto alla fine del contratto a tempo determinato.
Altri profili di invalidità: la consapevolezza del piano formativo
Peraltro, ad avviso del Collegio, l’invalidità del contratto di apprendistato discende, nel caso di specie, anche da un altro ordine di argomentazioni (autonomamente idonee a fondare la decisione).
Come noto, secondo il condivisibile insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, “l’elemento formativo qualifica la causa stessa del contratto di apprendistato e ciò rende particolarmente stringente la necessità che la volontà negoziale del lavoratore, nell’accedere al tipo contrattuale in questione, si formi sulla base della piena consapevolezza del percorso formativo proposto e della sua idoneità a consentire l’acquisizione della qualifica alla quale l’apprendistato è finalizzato” (Cass., 24/04/2023, n. 10826, qui pubblicata per completezza di riferimenti).
Questo principio, pur se enunciato con riferimento alla disciplina di cui al d.lgs. 276/2003, conserva la sua validità anche con riferimento alla normativa di cui al d.lgs. n. 81/2015, dovendosi ritenere che – per affermare la genuinità del contratto di apprendistato – la condizione necessaria sia, per un verso, la puntuale definizione e condivisione del percorso formativo tecnico pratico cui l’esecuzione del rapporto negoziale deve essere finalizzato e, per altro verso, la sua concreta ed effettiva attuazione (v. anche Cass., 08/06/2021, n. 15949, in IUS Lavoro, fasc., 29/01/2022, con nota di P. Laguzzi, Apprendistato: per la trasformazione del contratto il giudice deve valutare la gravità dell’inadempimento agli obblighi di formazione).
Deve dunque ritenersi che – per affermare la genuinità del contratto di apprendistato – condizione necessaria sia, per un verso, la puntuale definizione e condivisione del percorso formativo tecnico pratico cui l’esecuzione del rapporto negoziale deve essere finalizzato e, per altro verso, la sua concreta ed effettiva attuazione
Da ultimo, per i profili di nullità, v. la sentenza della Corte di Cassazione 13 marzo 2024, n. 6704, anche questa qui pubblicata per completezza di riferimenti ( per un primo commento v. E. E. Boccafurni, Ricognizione della più recente giurisprudenza di merito e di legittimità sull’apprendistato, in Lav. Prev. Oggi news, 18/03/2024 ).
Nel caso di specie, invece, non solo il piano formativo allegato dalla società, nemmeno richiamato nel contratto di apprendistato, è piuttosto evanescente dal punto di vista dei contenuti, ma già dalla documentazione offerta dalla società emergono fondati dubbi sul fatto che esso sia stato adeguatamente ed effettivamente eseguito.
Ed infatti, come eccepito dalla difesa dell’appellato, in particolare dai documenti prodotti dall’appellante risulta che “il primo giorno di apprendistato (il 20 gennaio 2020) l’appellato avrebbe svolto 6 ore di “formazione professionalizzante d’aula” e 18 ore di “formazione on the job”, su una giornata composta – salvo errori – di 24 ore, …; risulterebbe anche che il 15 febbraio 2021 di ore ne abbia fatte 20 (?!), il 24 gennaio 2020 ne abbia fatte 12…; né si comprende quale attività di “accoglienza” e “presentazione” (…) potrebbe esser mai stata fatta il 20 gennaio 2020, nei confronti di un lavoratore che si recava presso lo stesso punto vendita dove si presentava puntualmente da un anno; .. i 7 attestati di formazione prodotti dall’appellante …, riguardano piuttosto: il primo una formazione svolta all’inizio del precedente rapporto di lavoro a termine, nel gennaio 2019, il secondo riguarda la formazione obbligatoria in materia di sicurezza sul lavoro prevista per la generalità dei lavoratori dipendenti e priva di attinenza con il rapporto di apprendistato”.
Detti elementi documentali, ad avviso del Collegio, non solo corroborano le considerazioni sopra svolte circa il difetto di causa dell’apprendistato, ma inducono a ritenere che, anche a prescindere dal difetto di causa (pur esistente), la dichiarazione di invalidità del rapporto di apprendistato sia corretta anche alla luce del difetto di prova dell’effettivo svolgimento di una puntuale, condivisa ed effettiva attività formativa.
Il secondo e il terzo motivo d’appello
Anche il secondo motivo di appello è stato respinto.
L’invalidità del contratto di apprendistato, infatti, non può che travolgere la legittimità del sotto inquadramento al VI livello del CCNL che ad essa si accompagnava, con la conseguenza che – in assenza di causa e comunque di adeguata attività formativa – al lavoratore deve essere riconosciuto il IV livello (corrispondente a quello previsto come obiettivo professionale nel contratto di apprendistato medesimo).
Infine, è stato rigettato il terzo motivo di appello.
Avuto riguardo alla complessiva anzianità aziendale dell’appellato, alle dimensioni aziendali della società appellante (non contestate) e alla gravità del vizio che affligge il recesso aziendale, la misura dell’indennità risarcitoria liquidata dal primo giudice risulta del tutto congrua (né, del resto, l’appellante argomenta adeguatamente le ragioni dell’auspicata riduzione, limitandosi ad invocare ragioni di equità).
La censura del comportamento aziendale
Il comportamento della società convenuta, alla luce delle risultanze di causa, è da censurare in ragione della natura non genuina del ricorso ad un rapporto di apprendistato, in carenza assoluta di finalità formative, del tutto ridotte ad unità ed evanescenti, nel contesto del piano formativo, neppure allegato alla lettera di assunzione.
Lo svolgimento, continuo e non interrotto, nell’ambito dei due rapporti di lavoro, delle medesime attività e mansioni, manifestazione di un comportamento superficiale della società datrice di lavoro, è sicuramente idoneo ad escludere la sussistenza di una causa giustificatrice del ricorso al contratto di apprendistato, determinando una correlata sanzione di assoluta irregolarità e, conseguentemente, di nullità.
La stessa sentenza richiamata dalla Corte d’Appello (Cass. 10826/2023, citata sopra) statuisce che Il contratto di apprendistato, per la cui stipula è richiesta la forma scritta “ad substantiam“, deve necessariamente contenere il piano formativo individuale nel corpo dell’atto, senza possibilità di rinvio ad un documento esterno, in quanto l’elemento professionalizzante qualifica la causa, con la conseguenza che la volontà negoziale del lavoratore deve formarsi sulla base della piena consapevolezza del percorso proposto e della sua idoneità per l’acquisizione della qualifica (conformi, sul punto, ma riferite al contratto di formazione e lavoro, Cass., 07/08/2013, n. 18817; Cass., 22/08/2007, n. 17895; Cass., 03/03/2003, n. 3120).
In tema di contratto di apprendistato, l’inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall’inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l’inadempimento abbia un’obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell’inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza (Cass., ordinanza, 03/08/2020, n. 16595).
Pasquale Dui, avvocato in Milano
Visualizza i documenti: Cass., 24 aprile 2023, n. 10826; App. Milano, 31 gennaio 2024, n. 81; Cass., 13 marzo 2024, n. 6704
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