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D.V.R. e responsabilità penale per violazioni della normativa a tutela dei lavoratori

6 Maggio 2024|

Con la sentenza n. 2557 del 18 ottobre 2023, depositata il 22 gennaio 2024, la Terza sezione penale della Corte di cassazione ha rigettato il ricorso proposto da un imputato avverso la sentenza del Tribunale di Teramo, con la quale era stato condannato, in qualità di legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, al pagamento di una ammenda, per aver realizzato plurime violazioni della normativa a tutela dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Nel dettaglio, il ricorrente era stato ritenuto responsabile di aver omesso l’individuazione di una procedura operativa che consentisse ai lavoratori di svolgere in sicurezza le attività di imbracatura del carico e di aver omesso di indicare i ruoli dell’organizzazione aziendale che dovevano provvedere all’attuazione delle misure da realizzare.

Mentre con i primi due motivi di ricorso venivano sottoposti all’attenzione della Corte di cassazione travisamenti della prova in relazione all’omessa valutazione del D.V.R., con il terzo motivo il ricorrente deduceva violazione di legge in relazione all’art. 521 c.p.p., posto che nel capo di imputazione era stato contestato di aver omesso di individuare una

procedura operativa volta consentire di svolgere in sicurezza le attività di imbracatura del carico, mentre nel corso del giudizio si è contestata l’inadeguatezza della procedura, e non la sua inesistenza.

L’ultimo motivo di ricorso, invece, lamentava il vizio di motivazione in relazione all’accertamento dell’elemento soggettivo del reato, non avendo, il giudice del merito, affermato alcun argomento relativo ad un rimprovero di quanto realizzato né a titolo doloso né a titolo colposo.

In ordine ai primi due motivi di ricorso, la Cassazione ha ribadito come costituisca oramai diritto consolidato quello secondo cui il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo e quindi l’accettabilità razionale.

Nel caso di specie, il giudice del merito aveva richiamato quanto affermato dall’ispettore del lavoro dell’Azienda Sanitaria di Teramo, il quale aveva rilevato che il D.V.R. non aveva previsto alcuna specifica procedura volta a prevenire il rischio di caduta del carico da movimentare mediante trasportatori a rotaia.

Il D.V.R., infatti non disciplinava nel dettaglio come orientare la scelta, da parte degli operai, del gancio da utilizzare in relazione al peso dei pezzi che dovevano essere agganciati, considerato che la tipologia di ganci è assai ampia e variabile in relazione al peso da sollevare.

Una volta rilevata l’assenza della valutazione di questo specifico profilo di rischio, il medesimo datore di lavoro veniva invitato a individuare la metodologia da applicare per rendere visibile chiaramente il peso del carico da lavorare e per selezionare il mezzo di sollevamento del carico più idoneo.

In proposito, il giudice del merito aveva affermato che, con riferimento a tale specifica fase della lavorazione (attività di imbragatura del carico anche detta attività di appesa materiali) il documento di valutazione rischi fosse, per l’appunto, inadeguato e generico.

Il giudice di merito aveva quindi ritenuto che, a norma della lettera d) dell’art. 28 del d.lgs. 81 del 2008, la previsione di tale procedura deve ritenersi sicuramente obbligatoria.

Inoltre, anche il consulente della difesa aveva confermato che tale procedura non era prevista nel DVR, ma che gli operai erano stati comunque formati adeguatamente in proposito.

In ordine a tali evenienze, la Cassazione ha ribadito come bene ha argomentato il giudice del merito, ritenendo che un’eventuale attività di formazione del lavoratore in ordine al suddetto specifico rischio non esonera il datore di lavoro dall’obbligo di prevedere, a monte, tale fonte di rischio e di disciplinare ogni singola attività lavorativa in modo da escludere il più possibile la discrezionalità del lavoratore.

In ordine alla doglianza della modifica della contestazione nel corso del dibattimento, la Cassazione ha premura di sottolineare che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta, così da pervenire ad un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa.

Ciò significa che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza non va esaurita nel pedissequo confronto, puramente letterale, fra contestazione e sentenza perché la violazione è del tutto insussistente laddove l’imputato sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione.

Infine, nel merito della doglianza concernente l’elemento soggettivo nelle contravvenzioni, la Corte sottolinea che, in queste particolari fattispecie di responsabilità penale, l’imputato deve dimostrato di aver fatto tutto il possibile per osservare la norma violata, senza che ciò integri alcuna inversione dell’onere della prova.

Piergiorgio Gualtieri, dottore di ricerca in diritto penale

Visualizza il documento: Cass. pen., sez. IIIª, 18 ottobre 2023, n. 2557

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